Santuario Madonna di Costantinopoli a Papasidero

Chiesa semirupestre del XVII secolo

Il Santuario della Madonna di Costantinopoli, risalente al XVII secolo, è collocato sulla riva destra del fiume Lao, nel comune di Papasidero, in un ambiente di particolare bellezza dal punto di vista naturalistico. La struttura del santuario ha una pianta a T, tre navate e tre campate formate da archi a tutto sesto che poggiano su pilastri quadrati.
Sui due lati più lunghi, sono presenti tre finestroni tribolati per parte. Il campanile è a base quadrata e cuspide a piramide, dietro di esso resistono parti di un antico affresco di discrete dimensioni.

La chiesa è raggiungibile attraversando un ponte costruito, nel 1904, da Nicola Dario sopra la campata di uno medievale anticamente denominato ponte della Rognosa. L'antico nome del ponte fa pensare alla presenza, nell'area dove ora sorge il Santuario, di una chiesetta di origine tardomedioevale di cui è riprodotta la struttura nell'affresco della Vergine custodito nella cappella di S. Sofia.
Nell'opera muraria è visibile un edificio a navata unica che, durante l'epidemia del 1656, venne usata come lazzaretto, poiché si trovava fuori dal perimetro urbano. Il termine Rognosa viene associato alla pestilenza che afflisse l'abitato.

La pestilenza del 1656 portò gli abitanti di Papasidero ad attribuire, mediante un'assemblea popolare, alla Vergine di Costantinopoli il patronato cittadino al posto di San Rocco, a cui fu conferito il titolo di compatrono. In conseguenza di ciò il primitivo edificio venne ampliato. Dal 1679 fu fatto un primo ingrandimento, seguirono altri rimaneggiamenti sulla fine del Settecento e nella prima parte dell'Ottocento.
All'interno del santuario si conserva un affresco di circa mt. 2×3 sulla parete rocciosa di fronte all'altare che va datato alla seconda metà del XVII secolo. Nell'opera si riconoscono tre fasi ben distinte. La prima fase ha visto l'esecuzione della Vergine in trono col Bambino sul ginocchio sinistro e l'Arcangelo Michele vestito di corazza nell' atto di trafiggere con la lancia il diavolo emergente dalle fiamme ( queste due ultime figure sono emerse con i restauri del 1983).
La seconda fase, opera di altra mano, comprende il Vescovo genuflesso a destra della Vergine.
La terza fase, di fattura ottocentesca, è relativa a due angeli che sovrastano un grande arco gotico contemporaneo alla prima fase e racchiudente tutto il gruppo.

Tutte le figure presenti nell'affresco fanno parte di una corrente iconografica della pittura controriformista meridionale che associava alla Madonna di Costantinopoli, l'Arcangelo Michele come espressione "della teologia del controllo del cielo su Satana" e il Vescovo "simbolo del potere e della gloria del sacerdozio gerarchico".
Questa tipologia di iconografia è ricca di evocazioni della religiosità bizantina.
Oltre all'affresco descritto, alle statue in gesso della Madonna e di S. Emidio, di fronte all'altare, un soppalco in legno che sostiene un organo antico intorno a cui si radunava il coro in occasione della celebrazione delle messe solenni.

Bibliografia:
– Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata. S. Napolitano Il basilianesimo in età bassomedioevale e moderna nella regione monastica del Mercurion.
– S. Napolitano e Giuseppina Grisolia: Il Paese grigio, Magarò Editore- Bordighera.

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